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Templari: 10 luoghi del mistero in Italia

I Templari erano il braccio armato della Chiesa, la milizia di dio, nata per difendere i pellegrini lungo la strada per Gerusalemme al periodo delle Crociate (XII secolo). Attorno ai Templari sono nate mille leggendecollegate al Sacro Graal e legate ad alcuni luoghi simbolici. Gli ultimi templari furono condannati come eretici. Ecco dieci luoghi in Italia dove pare si riunissero e detenessero il loro potere.

Castelmezzano (in provincia di Potenza), l’intero borgo
Borgo arroccato tra le alte guglie delle Dolomiti Lucane, la città era magione templare, sono molti i simboli che ne testimoniano la presenza: lo stemma del Paese con un cavallo nero montato da due cavallieri.
Narni (Terni), la Chiesa di Santa Prudenziana
Inconfondibili segni all’ingresso della Chiesa, coi suoi 30 metri di campanile. E’ un simbolo della storia templare la finestra a forma di croce maltese: d’estate uno strano fenomeno permette alla luce di entrare da questa apertura e inondare di rosso «sangue» le navate.
Castel del Monte, nel comune di Andria
Un edificio costruito per finalità di pace, tutto costruito sull base del numero otto, i «sacri» cavallieri erano padroni di tutta la Puglia come dimostrano le numerose testimonianze dal Foggiano al Leccese.
Varano de’ Melegari (Parma)
Molte leggende parlano della storia del battistero ottagonale della Pieve: dal culto di Diana al passaggio dei Cavalieri Templari.
Camerano (in provincia di Ancona)
Nella Grotta Trionfi è presente un tempietto con pianta circolare nove nicchie e un sedile indicato come lo «scranno del Magister».
Castello della Rotta a Moncalieri (Torino)
La rocca è non soltanto infestata dai fantasmi ma luogo templare: posseduta dall’Ordine intorno al 1100, pare custodisca le vestigia di un cavalliere crociato col suo cavallo, che si è fatto lì seppellire perché la sua amata era stata buttata dalla torre da un principe geloso.
Grotte di Osimo (Ancona)
Il sottosuolo della città è percorso da una fitta rete di cunicoli e ambienti sotterranei scavati a più livelli, che fanno di questo posto un luogo di misteri. Vi era il più antico stanziamento templare in San Filippo de Plano, dal 1167 al 1317.
Castello della Magione di Poggibonsi (Siena)
Appartenne inizialmente ai Cavalieri templari, la costruzione è costituita da un’antica chiesa e da uno «spedale» per i pellegrini in transito sulla via Francigena.
Ruvo di Puglia (Bari)
All’inizio del 1200 si ebbe la costituzione di un nuovo insediamento templare a Ruvo di Puglia, presso la chiesa di Santa Maria di Calentano.

Легкие тексты для чтения и обогащения лексики. Анекдоты о карабинерах

В каждой стране есть какие-то группы людей или события, над которыми чаще всего смеются. Существуют они и в Италии. Одними из самых «активных» в этом смысле являются стражи порядка — карабинеры. О них существует огромное количество шуток: иногда добродушных, а иногда и весьма язвительных. Почитаем некоторые из них..

* * *

TALPA IN GIARDINO

Caserma dei carabinieri in campagna.

Un giorno il Maresciallo deve assentarsi per andare in città e lascia all’Appuntato le varie mansioni per la giornata.

— Ah, un’altra cosa Appuntato, se hai un po’ di tempo vedi se riesci a eliminare in qualche modo la talpa che c’è nell’orto: lo sta distruggendo tutto.

— Non si preoccupi, Maresciallo, ci penso io.

Il Maresciallo parte. A tarda sera rientra in caserma e chiede:

— Appuntato, tutto a posto?

— Tutto tranquillo, Maresciallo, non è successo nulla e sono anche riuscito a sistemare la talpa!

— Bravissimo! Come hai fatto? Con il veleno?

— No, no, Maresciа, di più.

— Dai, esagerato, non le avrai mica sparato*?

— No, no Maresciа di piùùù… l’ho sotterrata VIVA!

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non le avrai mica sparato? — неужели ты ее застрелил?

* * *

SETE NEL DESERTO

Due carabinieri si sono persi nel deserto: da vari giorni camminano sotto il sole. Ad un certo punto uno dice all’altro:

— Ho una sete…

E l’altro:

— Sai, ho un rimedio infallibile contro la sete: basta ciucciare un sasso!

— Già, peccato che qui ci sia solo sabbia…

— Hai ragione, accidenti!

Lungo silenzio. I due continuano la loro tremenda camminata sulle dune. Ad un certo punto uno dei due esclama:

— Ehi! Saremmo salvi se solo trovassimo un fiume!

— Hai ragione: sul fondo dei fiumi c’è sempre un casino di*  sassi!

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* un casino di…  — куча чего-либо (разг.)

* * *

FILM AL CINEMA

Un carabiniere deve prendere il treno. Recatosi alla stazione si accorge che mancano tre ore alla partenza e allora decide di andare ad un cinema lì vicino.
Fatto il biglietto, entra, si siede e aspetta l’inizio del film. Si spengono le luci, inizia la programmazione, passano i titoli di testa e quindi appare la scritta:
PARTE PRIMA.
Il carabiniere si alza di scatto, corre verso l’uscita e si dirige verso la stazione imprecando:
— Porca miseria, parte prima!!!

___________________________

Здесь обыгрывается игра слов в итальянском языке: «parte prima» может обозначать «часть первая» или же «отправляется раньше».

* * *

SCARPE DI COCCODRILLO

Due carabinieri, sapendo che la vendita di scarpe di coccodrillo può portare a lauti guadagni, danno le dimissioni e partono per l’Africa. Affittano una canoa e risalgono il fiume. All’improvviso vedono un coccodrillo che nuota beato, uno si tuffa e dopo una terribile battaglia alla fine lo solleva fuori dall’acqua. Il suo compagno però lo guarda ed esclama:

— Che sfiga, non ha le scarpe, ributtalo in acqua.

Dopo un po’ trovano un altro coccodrillo: uno si tuffa, battaglia all’ultimo sangue, ma dopo averlo sconfitto e sollevato il suo compagno esclama:

— Ehhh, ma che scalogna! Anche questo è a piedi nudi, ributtalo dentro.

La stessa scena si ripete varie volte finché i due decidono di rinunciare all’impresa e di ritornare in Italia. Si ripresentano al maresciallo:

— Purtroppo ci è andata male, vorremmo essere riassunti.

— Certo, ma come mai avete fallito?

— Il fatto è che di coccodrilli nell’acqua ne abbiamo trovati tanti, ma erano tutti a piedi nudi, senza scarpe.

Il maresciallo si mette a ridere e poi dice:

— Ma siete proprio scemi! Scusate un po’, se erano nel fiume a fare il bagno, le scarpe le avranno lasciate in spiaggia, no?

* * *

MACCHINA DEI CARABINIERI RUBATA

Un Carabiniere affannato dopo una lunga corsa…

— Maresciallo… ci hanno rubato la macchina!!!!!

— Accidenti!!! Almeno avete visto chi è stato?

— No purtroppo! Però abbiamo preso il numero di targa!!!

* * *

PARTITA DI BENEFICENZA

A scopo di beneficenza viene organizzata una partita tra l’arma dei Carabinieri e la Polizia.
Il campo scelto si trova vicino ad una ferrovia. Poco dopo l’inizio della partita passa un treno e fischia fortissimo. I giocatori della Polizia, pensando che la partita sia finita, se ne vanno via.
Dopo circa mezz’ora segnano i carabinieri.

* * *

INCONTRO IN TRENO

In un treno, un carabiniere è seduto. Sale un generale, e quello scatta in piedi.

— Può star seduto!

E il carabiniere si siede. Il treno si ferma e ripassa il generale e di nuovo lui si alza.

— Le ho detto che può star seduto!

La terza volta che ripassa, di nuovo costui balza in piedi.

— Insomma! Le ho detto di star seduto!!!

— Ehm… signor Generale, io sarei dovuto scendere giа da tre fermate!!!

Quattro brevi leggende natalizie

La leggenda della gatta

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Una leggenda cristiana narra che nella stalla di Betlemme oltre al bue e all´asinello ci fosse anche una grossa gatta tigrata gravida che, proprio in quella santa notte, diede alla luce i suoi cuccioli. Subito dopo aver dato le prime cure ai piccoli, la gatta si avvicinò alla mangiatoia e, con la sua morbida pelliccia, contribuì a riscaldare il piccolo Gesù. Per ringraziarla, la Madonna regalò a questa micia e a tutti i gatti tigrati il caratteristico segno sulla fronte (una M) in ricordo del suo nome.

 

Leggenda delle Palline di Natale

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Un artista di strada molto povero si trova a Betlemme nei giorni seguenti alla nascita del Bambino Gesù.
Voleva andare a salutarlo ma non aveva nemmeno un dono da portargli. Dopo qualche esitazione decise di recarsi alla grotta e di andarlo a trovare. Gli venne in mente un’idea: fece quello che gli riusciva meglio, il giocoliere, e fece ridere i piccolo bambino.
Da quel giorno per ricordarci delle risate di Gesù Bambino si appendono delle palline colorate all’albero di Natale.

 

Il Bastoncino di Zucchero

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Il bastoncino di zucchero è stato a lungo un simbolo del Natale, con il suo gusto di menta.
Perché i bastoncini di zucchero sono bianchi a strisce rosse? La tradizione vuole che fossero inventati da un dolciaio che aveva intenzione di creare un dolce che ricordasse Gesù alle persone. Ecco cosa rappresenta il bastoncino di zucchero:
E’ fatto di caramello solido perché Gesù è la solida roccia su cui sono costruite le nostre vite (Matt 16:18) (1Thess 5:24).
Al caramello diede la forma di una «J» per Jesus (Gesù in inglese) (Atti 4:12), mentre per altri è la forma di un bastone da pastore, perché Gesù è il nostro pastore (Giovanni 10:11).
I colori sono stati scelti anche per rappresentare l’importanza di Gesù: il bianco per la purezza e l’assenza di peccato in Gesù (Heb 4:15) , e la larga striscia rossa rappresenta il sangue di Cristo versato per i peccati del mondo (Giovanni 19:34-35). Le tre strisce rosse sottili rappresentano le strisce lasciate dalle frustate del soldato romano (Isaia 53:5).

Il sapore del bastoncino è di menta piperita che è simile all’issopo, pianta aromatica della famiglia della menta usato nel Vecchio Testamento per purificare e sacrificare. Gesù è il puro agnello di Dio venuto a sacrificarsi per i peccati del mondo.

Molte leggende narrano che l’abete è uno degli alberi dal giardino dell’Eden.
Una narra che l’abete è l’albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino.

Un’altra leggenda narra che Adamo portò un ramoscello dell’albero del bene e del male con lui dall’Eden. Questo ramoscello più tardi divenne l’abete che fu usato per l’albero di Natale e per la Santa Croce.

 

La leggenda delle Campane di Natale

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I pastori si affollarono a Betlemme mentre viaggiavano per incontrare il neonato re. Un piccolo bimbo cieco sedeva sul lato della strada maestra e, sentendo l’annuncio degli angeli, pregò i passanti di condurlo da Gesù Bambino. Nessuno aveva tempo per lui.
Quando la folla fu passata e le strade tornarono silenziose, il bimbo udì in lontananza il lieve rintocco di una campana da bestiame. Pensò: «Forse quella mucca si trova proprio nella stalla dove è nato Gesù bambino!», e seguì la campana fino alla stalla ove la mucca portò il bimbo cieco fino alla mangiatoita dove giaceva il neonato Gesù.

Natale

Stella di Natale: tra storia e leggenda

Stella di Natale — Poinsettia

 

La leggenda della Stella di Natale vede protagonista una bimba messicana di nome Lola, che alla Vigilia di Natale, va in Chiesa e chiede consiglio a Dio su come può dimostrare a Gesù Bambino che lo ama, dato che non ha niente da offrirgli; richiamato dalle preghiere di Lola, appare un angelo che le dice che Gesù Bambino sa che lei lo ama e che, per rendergli omaggio, sarebbe bastato qualche fiore raccolto per strada.

Lola va a cercare i fiori ma riesce a trovare solo delle erbe che, comunque, deposita davanti al Presepe; dopo qualche minuto, le erbe portate da Lola erano diventate dei bellissimi fiori rossi. Da quel giorno, in Messico, le Stelle di Natale vengono chiamate “Flores de la Noche Buena”, ossia “Fiori della Santa Notte”.

Leggende religiose a parte, pare che la Stella di Natale sia stata scoperta nel 1520 dai conquistatori spagnoli guidati da Cortès presso Città del Messico, che allora si chiamava Tenochtilan; già a quei tempi, questa pianta dalle foglie rosse era considerata sacra dagli Aztechi, in quanto simboleggiava il colore rosso del sangue dei sacrifici offerti al Dio Sole.

In seguito, nel 1829, Joel Robert Poinsett, l’ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, portò la Stella di Natale nella sua casa della Carolina del Sud, dove iniziò a coltivarla e a diffonderla anche in Europa. Il nome Stella di Natale si deve ai missionari spagnoli, che chiamarono così questa pianta per la sua tipica forma a cinque punte e per il fatto che fiorisce sempre durante il periodo natalizio.

 

 

La leggenda dell’agrifoglio

Agrifoglio

 

L’agrifoglio è considerato una pianta magica fin da prima dell’arrivo del Natale cristiano, perché si dice che portasse fortuna e proteggesse dai demoni; con il passare del tempo i cristiani iniziarono ad usare questa pianta come decorazione per il periodo di Natale, in quanto la forma delle sue foglie ricordava la corona di spine i Gesù e le bacche rosse il suo sangue; inoltre i boccoli bianchi simboleggiano la purezza della Madonna.

Tra le credenze che legano l’agrifoglio al Natale ce ne una che dice che dal tipo, o meglio dal grado di affilatura delle foglie, dell’agrifoglio che per primo veniva portato in casa a Natale si poteva capire chi dei due coniugi avrebbe avuto più potere nell’anno nuovo; inoltre, se l’edera era considerata una pianta che portava fortuna alle donne, si diceva che l’agrifoglio fosse favorevole agli uomini.

* * *

Il pastorello si sveglia all’improvviso. In cielo v’è una luce nuova: una luce mai vista a quell’ora. Il giovane pastore si spaventa, lascia l’ovile, attraversa il bosco: è nel campo aperto, sotto una bellissima volta celeste. Dall’alto giunge il canto soave degli Angeli.
— Tanta pace non può venire che di lassù — pensa il pastorello, e sorride tranquillizzato.
Le pecorine, a sua insaputa, l’hanno seguito e lo guardano stupite.
Ecco sopraggiungere molta gente e tutti, a passi affrettati, si dirigono verso una grotta.
— Dove andate? — chiede il pastorello.
— Non lo sai? — risponde, per tutti, una giovane donna. — è nato il figlio di Dio: è sceso quaggiù per aprirci le porte del Paradiso.
Il pastorello si unisce alla comitiva: anch’egli vuole vedere il Figlio di Dio. Ad un tratto, si sente turbato: tutti recano un dono, soltanto lui non ha nulla da portare a Gesù. Triste e sconvolto, ritorna alle sue pecore. Non ha nulla; nemmeno un fiore; che cosa si può donare quando si  così poveri?
Il ragazzo non sa che il dono più gradito a Gesù è il suo piccolo cuore buono.
Ahi! Tanti spini gli pungono i piedi nudi. Allora il pastorello si ferma, guarda in terra ed esclama meravigliato: — Oh, un arbusto ancor verde!
E’ una pianta di agrifoglio, dalle foglie lucide e spinose.
Il coro di Angeli sembra avvicinarsi alla terra; c’è tanta festa attorno. Come si può resistere al desiderio di correre dal Santo Bambino anche se non si ha nulla da offrire?
Ebbene, il pastorello andrà alla divina capanna; un ramo d’agrifoglio sarà il suo omaggio.
Eccolo alla grotta. Si avvicina felice e confuso al bambino sorridente che sembra aspettarlo.
Ma che cosa avviene? Le gocce di sangue delle sue mani, ferite dalle spine, si trasformano in rosse palline, che si posano sui verdi rami dell’arbusto che egli ha colto per Gesù.
Al ritorno, un’altra sorpresa attende il pastorello: nel bosco, tra le lucenti foglie dell’agrifoglio, è tutto un rosseggiare di bacche vermiglie.
Da quella notte di mistero, l’agrifoglio viene offerto, in segno di augurio, alle persone care.

LA LEGGENDA DEL PETTIROSSO

Nella stalla dove stavano dormendo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, il fuoco si stava spegnendo. Presto ci furono soltanto alcune braci e alcuni tizzoni ormai spenti. Maria e Giuseppe sentivano freddo, ma erano così stanchi che si limitavano ad agitarsi inquieti nel sonno.
Nella stalla c’era un altro ospite: un uccellino marrone; era entrato nella stalla quando la fiamma era ancora viva; aveva visto il piccolo Gesù e i suoi genitori, ed era rimasto tanto contento che non si sarebbe allontanato da lì neppure per tutto l’oro del mondo.
Quando anche le ultime braci stavano per spegnersi, pensò al freddo che avrebbe patito il bambino messo a dormire sulla paglia della mangiatoia. Spiccò il volo e si posò su un coccio accanto all’ultima brace.
Cominciò a battere le ali facendo aria sui tizzoni perché riprendessero ad ardere. Il piccolo petto bruno dell’uccellino diventò rosso per il calore che proveniva dal fuoco, ma il pettirosso non abbandonò il suo posto. Scintille roventi volarono via dalla brace e gli bruciarono le piume del petto ma egli continuò a battere le ali finché alla fine tutti i tizzoni arsero in una bella fiammata.
Il piccolo cuore del pettirosso si gonfiò di orgoglio e di felicità quando il bambino Gesù sorrise sentendosi avvolto dal calore.
Da allora il petto del pettirosso è rimasto rosso, come segno della sua devozione al bambino di Betlemme.

Il dono di un cuore generoso

Gesù è nato nella povertà, tra gente semplice. li racconto suggerisce che anche il piccolo pettirosso rappresenta una virtù particolare: la generosità, il sacrificio anche a costo di pagare di persona.
Gesù è venuto nel mondo per salvare gli uomini e lo ha fatto donando la sua stessa vita sulla croce.

PREGHIERA

Gesù,
tu sei nato debole
perché io
non abbia mai paura di te.

Sei nato povero
perché io ti consideri
la mia unica ricchezza.

Sei nato piccolo
perché io non cerchi
di dominare gli altri.

Sei nato in una grotta
perché ogni uomo
sia libero di incontrarti.

Sei nato nella semplicità
perché io smetta
di essere complicato.

Sei nato per amore
perché io non dubiti
mai del tuo amore.

La leggenda del vischio

В Италии начались приготовления к Рождеству и Новому Году, и недавно я «открыла» их и здесь — в моей «Счастливой Авзонии» небольшим рассказом об итальянских рождественских традициях и новогодним рецептом (коллекция рецептов будет пополняться, ибо итальянские праздники просто немыслимы без некоторых традиционных кулинарных «атрибутов» вроде Panettone di Milano или Pandoro di Verona, а также — и других, менее известных, но из-за этого не менее вкусных блюд и сладостей).

Сегодня же я хочу начать еще одну предрождественскую «серию», которая будет посвящена пище духовной. В силу обстоятельств нашей истории мы долгое время были лишены рождественских традиций (которые неизбежно связаны с религией), для итальянцев же до 50-х годов прошлого уже ХХ века практически не существовало Нового Года как Большого Праздника. Его, конечно, отмечали, но самым главным праздником в году было все-таки Рождество. И вот с ним связано несколько символов, о каждом из которых существует легенда или — скорее притча. Эти притчи-легенды знают все итальянские дети (как правило, о них говорят в воскресных школах и сопровождают их чтение маленьким «духовным» пояснением смысла каждой истории и иногда — коротенькой молитвой, также «посвященной» теме притчи), ну и взрослые, разумеется.

Думаю, настала пора и нам узнать — почему так часто под Рождество мы видим венки из остролиста, перевязанные красными лентами, снегирей на открытках, почему вешаем на елку шары и колокольчики и почему в рождественскую ночь нужно поцеловать любимого человека под омелой. А заодно — вспомнить и потренировать наш итальянский!

Allora, buona lettura!

LA  LEGGENDA  DEL  VISCHIO

di I.Drago

Vischio

Vischio

Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno.
Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari.
Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.
Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Pareva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa.
Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: — Fratello, — gli gridarono — non vieni?
Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c’erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.
Ma dove andavano?
Si mosse un po’ curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.
Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare.
No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.
Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.
Entrò nella grotta insieme con gli altri; s’inginocchiò insieme agli altri.
— Signore, — esclamò — ho trattato male i miei fratelli. Perdonami.
E proruppe in pianto.
Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.
Alla prima luce dell’alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline.
Era nato il vischio.

A tavola con Apicio

Cari amici, сегодня я хочу предложить вам небольшой несложный текст для чтения и пополнения вашего словарного запаса. Упражнений к нему не будет — просто окунитесь в жизнь, вкус и ароматы Древнего Рима… Можете взять на заметку рецепт какой-нибудь древнеримской leccornia!

Marco Gavio Apicio era un ricco romano del I secolo d.C. che amava molto la buona tavola. Un vero buongustaio! Ha scritto il «De re coquinaria», un manuale di cucina con 478 ricette; secondo Plinio il Vecchio ha inventato quello che chiamiamo foie gras (faceva ingozzare le oche con i fichi per far ingrossare il loro fegato).
Certo, nel manuale ci sono ricette veramente strane, ad esempio quelle a base di lingue di usignoli o di pappagalli lessi… Ma altre sono «normali», simili a piatti moderni, come lo sformato di sogliola, l’arrosto al sale e così via.

Su moltissimi piatti Apicio usa un condimento particolare, il garum, una salsa fatta con le interiora di pesce. Le interiora erano mescolate con sale e spezie (fino a 16 spezie diverse) e il tutto era messo a macerare al sole per 65 giorni; si formava un liquido che, filtrato, era la parte migliore e cioè il garum mentre la parte solida che rimaneva era l’allec, una salsa secondaria. Detto così, sembra una cosa disgustosa, ma i bravi cuochi sapevano dosare il garum, che arricchiva il sapore delle loro ricette. In ogni caso, per i Romani era una vera leccornia.
Naturalmente queste ricette erano destinate ai banchetti dei ricchi, perché il cibo della gente comune era molto più semplice: focacce, zuppe (con farro, ceci, orzo, fave), uova, olive, formaggio fresco acido e molti ortaggi. Le tavole dei ricchi, invece, traboccavano di ogni tipo di carni e di pesci, di verdure, di formaggi di capra e di pecora, di molti tipi di cereali; e poi funghi e tartufi, rane e lumache e, per finire, limoni, cedri, datteri… e ciliege, importate dall’Oriente da un altro famoso buongustaio, Lucullo (un pasto molto raffinato e abbondante ancora oggi viene definito «luculliano»). Il famoso scrittore Petronio, anche lui cuoco raffinato, descrive nel suo Satyricon una vera abbuffata a casa del ricco Trimalcione, simbolo della corruzione e degli eccessi dell’epoca di Nerone.
Sappiamo che questi banchetti si concludevano qualche volta con un’orgia: il piacere del cibo unito a quello del sesso. E questo aspetto, così carico di sensualità, ha colpito molto la fantasia dei moderni: nei film sull’antica Roma non manca mai una scena di banchetto con tavole piene di cibi, danzatrici seminude, giocolieri ed equilibristi, lottatori e pugili, commensali che amoreggiano sui letti triclinari.

Niente male, però. Vi piacerebbe fare un pasto «alla romana» (più semplice che farlo «alla Trimalcione»)? Seguite queste ricette. Sono prese dal libro di Apicio, ma anche dal «De agri coltura» di Catone, con ricette legate alla tradizione romana più antica, precedente la moda dei cibi strani e troppo sofisticati.

GUSTATICIUM
(antipasto)

Mettere nel piatto uova, datteri, olive, datteri, noci, nocciole, allec (si può sostituire con delle acciughe) , albicocche, pistacchi.
Come tartine libum (una focaccia sacra), moretum (un pasticcio di cacio con aglio) ed epityrum (un gramolato di olive)
(Catone)

FABAM VITELLIANAM
(crema di fave alla Vitellio)

Cuocere le fave. Dopo che hanno schiumato, aggiungere porro, coriandolo e fiori di malva.
Mentre viene cotto, tritare pepe, ligustico (una spezia), semi di finocchio; versare nella pentola salsa di garum e vino, aggiungere olio. Appena bolle, mescolare. Versare sopra olio verde e servire
(Apicio)

HAEDUM PARTICUM
(capretto partico)

Mettere il capretto nel forno.
Tritare pepe, ruta, cipolla, santoreggia, prugne di Damasco snocciolate, poco laser (una spezia, laserpicium), vino, salsa
di garum e olio.
Versare vino bollente sul capretto nel piatto. Si mangia con aceto.
(Apicio)

ENCYTUM
(spirali dolci al formaggio)

Mescolare formaggio e farina di farro in parti uguali.
Prendere un imbuto largo e far colare parti uguali di impasto a forma di spirali nello strutto bollente.
Girare le spirali nello strutto con due palette. Togliere, spalmare di miele e mettere a dorare nello strutto meno caldo.
Servire con miele o mulsum (vino bianco con miele).
(Catone)

E buon appetito!

Pulcinella

Pulcinella è degno compare di Arlecchino e talvolta il suo rivale, specie negli intrighi d’amore. Pulcinella è fra le maschere più popolari e simpatiche ed è il simbolo di Napoli e del suo popolo. Pulcinella impersona lo spirito genuino, fatto di arguzia di spontaneità e di generosità. Appare sulle scene nelle vesti di un servo furbo e poltrone, sempre affamato e alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti. Pulcinella si adatta a fare di tutto oltre al servo; eccolo di volta in volta, fornaio, oste, contadino, mercante, ladruncolo e ciarlatano, che ritto su uno sgabello di legno, in uno spiazzo fra i vicoli di Napoli, cerca di smerciare i suoi intrugli «miracolosi» a quanti gli stanno attorno a naso ritto, richiamati dalla sua voce chioccia e dai suoi larghi gesti delle braccia. Credulone, litigioso, arguto, un po’ goffo nel camminare, Pulcinella è in continuo movimento, sempre pronto a tramare qualche imbroglio o a fare dispetti. Ha anche un carattere mattacchione e, quando qualcosa gli va per il verso giusto, esplode in una danza fatta di vivaci e rapidi saltelli, di sberleffi e di smorfie gustosissime a vedersi. Una cosa però che non riesce mai ad imparare è a starsene zitto quando dovrebbe e proprio per questo è rimasta famosa l’espressione «è un segreto di Pulcinella» per dire di qualcosa che tutti sanno. Ma anche questo fa parte del carattere napoletano di Pulcinella: combattere, con spirito allegro e generoso, contro tutte le avversità e le durezze che si presentano nella vita di tutti i giorni.

Nell’aspetto Pulcinella è cambiato nel corso dei secoli, la sua maschera è stata chiara o scura a seconda dei periodi, ad esempio il pittore veneziano Giandomenico Tiepolo lo dipinge in ambedue i modi.

Pulcinella nel teatro dei burattini
Al di là della Commedia dell’Arte il personaggio di Pulcinella si è sviluppato autonomamente nel teatro dei burattini, di cui è ormai l’emblema.

Il Pulcinella burattino però non è più un servitore, ma diventa un simbolo di vitalità, un anti-eroe che rappresenta i popoli oppressi alle prese con i problemi quotidiani e i nemici più improbabili.

Fabio Grossi balla la Danza di Pulcinella

Piemonte, gusto e prelibatezze

I percorsi più interessanti e prelibati in giro per il Piemonte, da nord a sud. Prodotti e attrazioni da non perdere…

Una vacanza di gusto in Piemonte: in occasione della Borsa internazionale del turismo enogastronomico di Torino sono stati presentati gli itinerari dei sapori nelle province della Regione. Si inizia dall’alessandrino, patria del Grignolino e della monferrina da accompagnarsi alla muletta, il salame suino magro a lunga stagionatura e aromatizzato con Barbera. Nell’Alto Monferrato i protagonisti sono i vini Moscato e Brachetto, che si accostano con le formaggette oppure con il torrone e gli amaretti.

Nel Basso Monferrato astigiano, dopo il centro storico di Asti, da scoprire è la strada del Grignolino e del Ruche’, toccando il ricetto di Portacomaro e il borgo medioevale di Montemagno fino a Moncalvo, la più piccola città d’Italia. Ci si sposta poi nella Valle Versa per arrivare a Montiglio Monferrato con il suo castello. Il centro storico della Riviera del Monferrato profuma di robiola, di vini e di salumi, come il prosciutto crudo del Piemonte. Si sale ad Albugnano per vedere il complesso romanico della canonica di Vezzolano e degustare un bicchiere di Albugnano doc. D’obbligo una sosta presso la collina di Mongiglietto dove non bisogna perdere i salumi, vini e i formaggi caprini della zona tra Viale e Monale, oltre che ai suoi dolci tipici, come i canestrelli di Cinaglio e i dolci alle nocciole di Castellero.

Nel biellese potrete gustare dell’ottima birra e la famosa polenta concia, morbida crema di mais arricchita con burro e formaggio locale, toma o maccagno. Altro itinerario è quello dei tartufi e del barolo: dalla Langa del Barolo a quella del Barbaresco, dall’Alta Langa con i suoi formaggi e i noccioleti, al Roero. A Monviso il prodotto tipico è rappresentato dai Vini delle Colline Saluzzesi D.O.C. In Valle Grana, nasce il Castelmagno, uno dei formaggi più apprezzati e imitati d’Italia. Nelle valli occitane potrete mangiare le «ravioles» della Valle Varaita, gnocchi di forma allungata conditi con panna e burro.

Tra i prodotti da gustare a Mondovì e nel territorio «Monregalese», il Dolcetto della Langa Monregalese e le Paste di Meliga artigianali, mentre la cittadina di Carrù è nota per il gran bollito misto di carne di bue servito con varie salse. A Cuneo da assaggiare i Cuneesi al Rhum. A Novara il viaggio comincia da nord nelle Colline per le sue DOC storiche, mentre a Ghemme merita una visita il castello-ricetto. A Casalbeltrame, conosciuta per la produzione del riso bianco e del riso nero Venere, concedetevi una degustazione di questi prodotti accompagnati alla crema al gorgonzola.

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